Il Refosco di Faedis

Il vitigno autoctono “Refosco di Faedis” è il prodotto originale, tradizionale, di un territorio che non sempre offre condizioni ottimali per la coltivazione della vite. L’orografia precollinare, le diverse esposizioni degli appezzamenti, l’estrema variabilità delle condizioni climatiche e della composizione dei terreni - ponca e argilla - costringono la pianta a un difficile lavoro di estrazione delle sostanze nutritive necessarie alla sua sopravvivenza.
Ma è appunto da questi molteplici e poveri elementi che il vitigno è riuscito a fissare, che nascono le variegate e originali sensazioni organolettiche del vino, sincera espressione del terroir che a pieno titolo intende rappresentare.

Il Refosco di Faedis, versato in ampio calice, si presenta di colore rosso rubino intenso con evidenti riflessi violacei, tendenti al granato con l’invecchiamento. Ricco di estratto, è di buona consistenza.
Al naso offre un bouquet di sensazioni che vanno dal floreale (viola e rosa canina) al fruttato (mora di rovo e piccoli frutti di bosco); la sfumatura originale, che ne rappresenta l’assoluta tipicità, è tuttavia rappresentata dall’evidente mineralità, accompagnata dai sentori di sottobosco, foglie bagnate, doghe di vecchia botte di castagno.
Secco e abbastanza caldo in bocca, sapido, esalta sensazioni di freschezza e di evidente tannicità che lo inseriscono fra i vini non eccessivamente equilibrati, bensì fra quelli che conducono a un ottimale abbinamento col cibo.
Con un moderato invecchiamento, si attenuano le componenti acide e tanniche, mentre cominciano ad emergere note speziate di foxy e caffè.


IL REFOSCO DI FAEDIS

IL VIGNETO STORICO


STORIA DEL REFOSCO

Il Refosco è menzionato sin da tempi antichissimi come vino di grande rinomanza. In tutti i banchetti, dei quali si ha certezza storica, fra i vini del Friuli il Refosco era sempre presente con i famosi Picolit e Ramandolo. I suoi trascorsi storici sono ragguardevoli: qualcuno intende identificarlo con il Pucinum del Timavo al quale l’imperatrice Livia, moglie di Augusto, arrivata all’età di 82 anni si dichiarava debitrice della buona salute avuta.

I Romani lo chiamavano anche Racimulus fuscus, da cui il nome di Refosco. Certamente nel giugno del 1409 a Cividale in onore di Papa Gregorio XII in un famoso banchetto di 72 vivande vi era degnamente rappresentato il Refosco proveniente da Albana di Prepotto.

Altre notizie si hanno in una interessante e dattagliata cronaca di Domenico Ongaro (Ongaro, 1762); a proposito della ricca e sfarzosa accoglienza riservata ai nobili convitati, in occasione dei Giuochi Militari, riporta: “Rappresentava la gran sala, ove sì grande copia concorse il Popolo, un’arena vaghissima, le cui scalinate servivano già pel comodo di trecento e più persone. Nelle due prospettive sorgevano spaziose ed uniformi Orchestre, ed il piano veniva ripartito da dodici colonne, attorno cui distribuite ardevano copiosissime cere. Il semicircolo della Credenziera, che a questo Salone comunicava, somministrava a chiunque gelati, Acque limonate, Caffè, lattate, Cioccolata, Fiaschi di Refosco, e Biscotterie...”

Di grande interesse è ciò che apprendiamo dal conte Lodovico Bertoli (Bertoli,1747) che parla inequivocabilmente del Refosco vinificato in purezza. Lo scritto del conte Bertoli è un vero e proprio trattato di viticoltura, enologia e mercato. Viene infatti indicato come piantare e coltivare una vigna in modo razionale, come sia consigliabile avviare l’impianto di un canneto per avere pronti all’occorrenza i tutori per le viti, indica il modo corretto di vinificare ed infine suggerisce i modi migliori “Della vendita del vino”.

L’agronomo Antonio Zanon nelle sue “Lettere famigliari” (Zanon, 1763-1765) nota che “ i vini del Friuli servono le mense di tutte le nazioni della Germania, dell’Inghilterra e del Nord” ed ancora, più avanti, sottolinea “Quanto si glorierebbe l’Inghilterra se avesse le nostre vigne, i nostri Refoschi, i nostri Picoliti, i nostri Cividini e le nostre Ribuole”.

Data importante è il 20 settembre 1863 (A.A.V.V.,1863) quando, nell’Orto dell’Associazione Agraria Friulana, vengono concentrati 700 e più saggi e 300 varietà di uve dei distretti di Cervignano, Cividale, Codroipo, Gemona, Gradisca, Latisana, Palma, Pordenone, Sacile, San Daniele; San Vito, Spilimbergo, Tarcento e Udine, per la valutazione di un’apposita Commissione. Sono presenti 40 saggi di “Rifosc”: 38 di Refosco nero e 2 di Refosco bianco, (in proseguo di tempo non si parlerà più di Refosco bianco, mentre per la prima volta si parlerà di Refosco d’Istria).

I tipi di Refosco sono sei:
“Rifosc: friulana - Fagagna, Sedilis, Forame, Vito d’Asio, Gemona, Faedis, S. Andrat, S. Giovanni, Cortello, Lestizza; S. Stefano, Meretto, Torre di Zuino, Ramuscello, S. Vito, Latisana, Precenicco, Castelnuovo, Ariis, Scodovacca
Rifosc Blanc: friulana - S. Giovanni, S. Stefano, Meretto
Rifosco di Vicenza: vicentina - Scodovacca
Rifosco d’Istria: istriano - Precenico
Rifosco Ungherese: ungherese - Faedis, Ariis
Rifoscon: friulana - Torre di Zuino, Faedis, Buttrio, Codroipo”.
Viene menzionato anche un Corvìn rifosc di origine friulana, coltivato nelle località di Faedis, S. Stefano, Ariis, altrimenti detto Curvìn farinos dolz che “hanno di comune, sapore dolceal primo appressarle in bocca, e un sapore proprio astringente molto pronunziato da poi, che risiede nella buccia”.
Vale la pena ricordare che ai nostri giorni le sottovarietà di Refosco sono quasi completamente dimenticate ad indicare che, per incuria dell’uomo, è stato irrimediabilmente smarrito un vasto patrimonio ampeleografico e culturale.
Omissis
“... si presentarono i saggi del Rifosc. Ne vennero offerti 40 saggi; 38 di nero e due di bianco, il Rifosc presenta tre varietà ben distinte:
il Rifosc dal pecòl ross (peduncolo rosso);
il Rifosc dal pecòl vert (peduncolo verde);
il Rifosc gruess o Rifoscon.”
Dal 16 al 20 settembre 1891 ha luogo a Gorizia il 40 Congresso Enologico Austriaco. Si fa differenza tra Refosco (dal picciolo verde e dal picciolo rosso) ed al Terrano d’Istria.
A questo proposito è utile ricordare i puntuali lavori lavori del prof. Alessandro Sensidori (Sensidori, 1985 e Sensidori, 1988) della facoltà di Agraria dell’Università di Udine da cui si può evincere come il Terrano DOC altro non sia un Refosco.
Nella poderosa opera di A. Marescalchi e G. Dalmasso, “Storia della vite e del vino in Italia” del 1931 che pur sviluppando a fondo molte tematiche, esaurisce e liquida in poche righe la viticoltura e l’enologia friulana. Fa distinzione fra “Refosco nostrano o dal peduncolo rosso” e “Terrano d’Istria” senza ulteriori indicazioni e commenti.

Nel 1939 il dott. Guido Poggi pubblica uno splendido “Atlante ampelografico” (Poggi, 1939) in cui riporta varietà di viti coltivate in Friuli. Di Refoschi ne ricorda tre, con descrizione e riproduzione di grappoli, germogli e tralci.
Sempre il Poggi per l’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Udine, nel 1940 pubblica il saggio: “La viticoltura in Friuli nel dopoguerra” (Poggi, 1940). Segnala il Refosco dal peduncolo rosso ed il Refosco passito da desssert.
Del “Refosco nostrano” afferma: “Antichissimo vitigno friulano a caratteri ben definiti; si deve considerare il migliore nella gamma dei Refoschi...”
(Ivan Rapuzzi, tesi di laurea Facoltà di Agraria Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Udine)

Non è un caso che la storia del Refosco sia antica, ricca e particolareggiata. Per ben pochi vini, infatti, è possibile vantare una così gloriosa memoria e una simile continuità di lodi e apprezzamenti attraverso i secoli. Attualmente la realtà produttiva del Refosco non ha certamente perso né qualità né interesse. Da questa considerazione e dal rinnovato interesse che i vitigni autoctoni hanno riscontrato sul mercato internazionale è nata la volontà di caratterizzare sempre più i Refoschi invecchiati o progettati per l’invecchiamento che presentano contenuti maggiori in tutta la componente fenolica ed una più alta intensità colorante. Inoltre è evidente che il Refosco e le sue diverse varietà si esprimono globalmente bene nelle varie aree di produzione e che raggiungono dei livelli eccelsi con prodotti ottenuti in collina.

Ed è proprio sui colli orientali del Friuli, nei territori di Faedis, Attimis, Torreano e Nimis che il Refosco dà il meglio di sè con un vitigno autoctono qui presente da secoli: il Refosco nostrano o di Faedis.


LA VITE E I VIGNETI

Vigneti a Faedis Le zone collinari dell’area sono marnose, a tratti con presenza di arenaria; questi terreni permettono al vitigno di produrre uve ricche di zuccheri e particolarmente strutturate.

Le zone pede-collinari sono argillose e conferiscono ai frutti struttura e aromaticità. Nell’area di Faedis troviamo i terreni alluvionali del torrente Grivò, più superficiali, con scheletro grossolano frammisto ad argille, atti a produrre uve zuccherine e ricche di aromi primari.

L’individuazione dell’agrotecnica più idonea per questo vitigno, in relazione agli obiettivi enologici che si sono posti i viticoltori che aderiscono al progetto, è un obiettivo che abbiamo ricercato con periodiche visite ai vigneti, al fine di individuare la migliore potatura verde e secca, la corretta gestione del suolo, le appropriate concimazioni e la più adeguata difesa fitopatologica nel rispetto dell’ambiente.

Per razionalizzare l’insieme degli interventi agronomici, è stata condotta un’analisi costante dei dati climatici del territorio. Questa fase operativa è molto importante perchè consente agli operatori di poter gestire con sufficiente autonomia critica i propri vigneti.

Vigneto StoricoAbbiamo, nel frattempo, iniziato la ricerca nel comune di Faedis e nelle zone limitrofe di ceppi e vigneti con almeno ottant’anni di vita, per creare una collezione di biotipi da mettere a dimora nel 2007 assieme ai cloni omologati e presenti sul mercato, conducendo un’opera di sensibilizzazione presso gli agricoltori, per salvaguardare i vigneti storici a testimonianza della viticoltura di questa zona particolare del Friuli.

Questi due anni di lavoro ci hanno consentito di individuare i biotipi presenti su tutto il territorio regionale, selezionarli e moltiplicarli; di stabilire che 1600° gradi termici sono sufficienti a garantire una buona maturazione delle uve in condizioni di normale piovosità; di affermare che i terreni migliori per questo vitigno sono quelli arenario-marnosi della fascia collinare e che la pianura alluvionale può dare prodotti altrettanto validi impiegando un’ accurata e mirata tecnica di coltivazione del vitigno; di approfondire le caratteristiche colturali e storico-culturali relative a questo antico Refosco, che ha lasciato tracce ben evidenti nella viticoltura friulana, trovando ulteriori conferme all’importanza della sua valorizzazione.

* Da Carlo Petrussi “Individuazione dell’agrotecnica più idonea a migliorare la qualità e ottimizzare il rapporto tra pianta e ambiente nel Refosco di Faedis”.


COME GUSTARE IL REFOSCO DI FAEDIS

 

Refosco di Faedis con Cinghiale e PolentaREFOSCO DI FAEDIS CON CINGHIALE IN SALMÌ CON POLENTA

Il cinghiale in salmì con polenta si abbina a un Refosco di Faedis moderatamente invecchiato e affinato in barrique, in modo da contrapporre la succulenza del piatto alla tannicità del vino e la tendenza dolce della carne e delle erbe della marinata, tassativamente preparata con il Refosco, alla sua acidità ancora ben presente. Gli aromi speziati del vino esalteranno quelli della preparazione.

 

Refosco di Faedis con Musetto e Pure di PatateREFOSCO DI FAEDIS CON MUSETTO E PURE' DI PATATE

Il musetto con purè e il tipico salame cotto sotto la cenere. Qui la fanno da padrone le sensazioni delle carni macinate, la grassezza in particolare, mentre risultano meno evidenti gli aromi speziati: è d’obbligo l’abbinamento con un Refosco di Faedis giovane e mediamente strutturato, vinificato in acciaio e di marcata acidità.

 

Refosco di Faedis con Costolette di AgnelloREFOSCO DI FAEDIS CON COSTOLETTE DI AGNELLO

Le costolette di agnello alla griglia, servite su un fresco letto di verze, si abbinano a un Refosco di Faedis giovane e tannico, vinificato in acciaio e versato in un ampio calice a temperatura di 16° - 17°.

 

Refosco di Faedis con Pappardelle al Ragu di AnatraREFOSCO DI FAEDIS CON PAPPARDELLE CON RAGU' D'ANATRA

Pappardelle con ragù d’anatra, un piatto che ha come componenti di evidenza, oltre alla succulenza, una marcata tendenza dolce: per abbinamenti in contrasto si propone un Refosco di Faedis affinato in barrique, che valorizza la composizione con un tono olfattivo vanigliato.


IL MARCHIO "REFOSCO DI FAEDIS"

Il marchio Refosco di FaedisPer definire le caratteristiche formali del marchio, ci siamo rivolti all’anima antica del territorio del Refosco di Faedis allo scopo di individuare un tema che poi, nel procedere delle cose, si rivelasse non solo elemento strutturale, forte e memorizzabile, ma consentisse soprattutto di centrare e diffondere l’allure comunicativa del prodotto, legato com’è, intimamente e indissolubilmente, all’area che lo esprime: una terra caratterizzata da andamenti suggestivi che echeggiano l’iconografia medievale, sia per la presenza di numerosi resti di castelli dell’epoca che per l’aspetto naturale delle alture dove sorgono, situate nel cuore dei Colli Orientali del Friuli.

Refosco di Faedis il marchioCiò spiega nel marchio il richiamo alla figura del merlo medievale, ghibellino non in riferimento alla storia ma in quanto segno della semplice fantasia e portatore di più ampie memorie. La forma a coda di rondine infatti, oltre a essere un disegno del coronamento dei muri perimetrali dei castelli, torri e palazzi dell’epoca a scopo di difesa, appartiene all’iconografia elementare richiamando due positivi archetipi: quello delle ali aperte in volo, che esprimono il desiderio di sublimazione dell’uomo, la ricerca dell’armonia interiore, il superamento dei conflitti profondi, e quello della forma delle colline che si elevano sulla valle con linee dolci, la prima manifestazione della creazione del mondo sul caos iniziale.
L’aquila, seconda e forte presenza, indica la capacità di innalzarsi sopra le nuvole e di fissare il sole, è simbolo celeste e solare assieme. Regina degli uccelli, rappresenta gli stati spirituali superiori, la percezione diretta della luce dell’intelletto e del cuore puro.

La figura perimetrale è il quadrato, simbolo della terra, del creato, della perfezione stabile, dell’intelligenza: forma assolutamente bella in sé, come diceva Platone, è propria di molti spazi sacri, altari, templi, città. In essa trovano evidenza e ulteriori significati le altre due forme descritte, che nel quadrato esprimono maggiore dinamicità e movimento.

Castello di ZuccoIl logotipo è stato composto con caratteri di ispirazione medievale. La scelta, maturata dopo approfondite discussioni e proposte, è dovuta alla forza e all’immediatezza con cui il logotipo così disegnato invade e definisce lo spazio sia su bianco che su nero e alla definizione significativa e personale delle sue grazie, riproducibili nei vari formati richiesti dalle applicazioni d’uso del marchio. La duplice scrittura della “F”, oltre a enfatizzare, scomponendolo, la regalità del nome che sottende l’esclusività del prodotto, sottolinea una sua particolarità sonora, invitando anche a pronunciarlo accentuando la duplice presenza della effe, per risultare alla memoria ancora più tipico e riconoscibile.

I colori sono il rosso e il giallo. Il rosso è considerato quasi universalmente il primo colore, perché il più strettamente legato al principio della vita. È notturno, femminile, ha un forte potere di attrazione ed è il colore del fuoco centrale della terra e dell’uomo in cui si operano la maturazione dell’essere e la rigenerazione dell’opera. Il giallo, solare, è il colore della forza vitale, impulsiva e generosa, dell’ardore e della bellezza, dell’eros libero e trionfante, della giovinezza e dell’amore. È il più caldo, il più espansivo dei colori, difficile da spegnere e che oltrepassa sempre i limiti nei quali lo si vorrebbe confinare. È il colore della conoscenza e dell’intelligenza, dei raggi di luce, della vita e, come scrive Kandinsky, ha una tale tendenza al chiaro che non può mai esservi un giallo molto scuro.

Il marchio, nel suo quotidiano utilizzo, deve suscitare impressioni forti e positive che si fissano nel pubblico con processi soggettivi. La presenza di segni archetipi, o di antica e sedimentata simbologia, facilita e semplifica questo processo di introiezione e di assimilazione, indirizzando la memoria del consumatore ad ancorarsi al tema del prodotto, alle sensazioni sensoriali che provoca, alla tipicità che esprime coniugata con la specificità del territorio che lo emana, disegnando un binomio indissolubile e altrove irriproducibile.

da Sirio Tommasoli “Il marchio del Refosco di Faedis: caratterizzare l’immagine per ottimizzare visibilità e memoria del prodotto, contribuendo alla fidelizzazione del pubblico dei consumatori "